Tutti si ricordano come erano i
matrimoni. Quei matrimoni tipici, che oramai in quel modo non si
scrivono più. Quei matrimoni con centocinquanta invitati, pieni di
gente che non avevi mai visto, e dove magari scoprivi di avere dei
parenti a te totalmente estranei. Ognuno stava col suo nucleo
famigliare, o col suo gruppetto di amici e quasi amici, a guardarsi
intorno curioso nello scoprire visi nuovi, vecchi, giovani, stanchi,
e a chiedersi a chi avessero mai potuto appartenere. Poi, durante lo
svolgersi della festa, parlavi con quello, ballavi con quella, e a
quella magari ci scappava che gli sbattevi il cazzo duro in pancia,
un po' per caso e molto per davvero. Magari era la comare della
sposa, o per meglio capirci, la testimone. Quel sabato di 15 anni fa
fu così che cominciò l'eccitante e sborrosa avventura. Si sposava
mio cugino, ed ero al ricevimento con tutta la mia famiglia, padre,
madre, fratelli, nipotini, e poi gli zii, le zie, gli altri cugini,
le altre cugine, i loro mariti, le loro mogli, e non so chi cavolo ci
fosse ancora. E poi un'orda impazzita di urla e schiamazzi, persino
dentro alla chiesa. A me i matrimoni piacevano appena appena un po'
di più dei funerali, figuriamoci. Ma fu appunto in chiesa che la
vidi, vicina alla sposina, nelle veci di testimone, un fiore dal
vestitino rosa, bellissimo, fresco, biondo, dalla vitina perfetta,
dalle gambette bianche, affusolate, dalla movenze gentili. La vidi di
schiena, fu già abbastanza per sognarla pronta. Ma poi si girò,
leggermente, fu un fendente, un coltello affilatissimo che mi entrò
nello stomaco, ma senza farmi alcun male. Sentii solo un lievissimo
impedimento che dallo sterno scese giù, giù fino allo sbocco del
desiderio. Si girò leggermente, ammiccando a qualcuno, e ad
irradiare me col suo visino perfetto e col suo sorrisino preciso.
Quel matrimonio cominciò ad avere un perché. Dentro di me
ringraziai mio cugino per essersi deciso al passo, ma lo feci
talmente con il cuore, che nello stesso tempo, lui da sotto l'altare
a pochi secondi dal sì, si girò proprio a cercarmi. Lo guardai
stupefatto e tirai i nervi del viso come a dire, porca vacca, mi ha
scoperto.
Il prete disse e ora andate
e divertitevi, e nell'uscire dalla Casa del Signore, nel gran caos
dei saluti e dei chiacchiericci e dei bacetti e degli auguri, io non
la persi praticamente mai di vista. Riuscivo a scovarla tra scorfane
e vecchiette, tra ragazzini indemoniati nello spostarsi come fulmini
e ragazzette intente a specchiarsi nei loro tiratissimi vestitini.
Una fila di macchine lucide e strombettanti ci portò al ristorante,
il ristorante per eccellenza, un'alcova delle feste nascosta in mezzo
al bosco delle Prealpi venete. Il sole di giugno batteva come fosse
da poco scappato di prigione, la cravatta cominciava a trasformarsi
in guinzaglio, il sudore interagiva con il dopo barba non ancora del
tutto assorbito.
E poi tutti seduti, a
mangiare, io a cinque metri da lei, ad osservarla, cercando
compromessi di libidine. Ma lei niente, strafottente a cullarsi la
posizione, a baciarsi il collega fidanzato quando la folla battendo
di forchetta sui piatti chiamava al loro turno. Ero invisibile, non
ero abituato, volevo vincere. La banda cominciò con quella nenia del
cavolo, per me insopportabile, con le polke e i valzer, e tutte
quelle robe per noiosi che non ho mai sopportato. E mai ballato. Ma
quando la notai farsi luce verso quella pista per dondolarsi in
quelle danze, non riuscii a trattenermi, e la seguii, tra la calca,
con circospezione. Sembravano tutti impazziti. La vidi ballare con
uno, poi con un altro, ancora più vecchio. Finito il ballo il
vecchio se ne andò. Tu vuoi capire che rimase sola? Mi fiondai.
-Cavolo! Ho visto che balli
bene! Dove hai imparato?
_Ho sempre ballato con mio
papà, fin da piccola. Tu balli?
-Si, certo, un po'. Mi è
sempre piaciuto tantissimo il ballo liscio, forse un po' più la
musica che il ballare in se stesso
_Anche a me, tantissimo,
questi balli sono l'essenza del ritmo. Proviamo?
-Proviamo, proviamo.
Non sapevo una fischia di
come muovere i piedi, al contrario le mani andavano da Dio. Non
sentivo musiche, ma solo il suo respiro densamente lieve, non vedevo
niente, che non fosse lei ed il suo corpo. Lo sentivo tra le dita,
dal fondo schiena di cristallo fino alla vita di porcellana, e su,
fino alle spalle di cartone. Era solo l'impressione, ma pareva una
bambola veramente, delicata, da collezione. Una bambola viva, che
pulsava, su cui sfioravo il mio torso, a cui facevo sentire il mio
petto sul suo, protetto da tutti quei ballerini matti che si
frastornavano attorno a noi. Lei non era per nulla imbarazzata, solo
che teneva lo sguardo basso, la testa dolcemente curva in avanti,
come a voler confondersi. Di colpo, il mio bacino batté in avanti.
Il cazzo si stampò sul suo basso ventre. Alzò di poco lo sguardo,
ma non ad incrociare il mio, lo alzò appena, a guardarmi il petto,
poi subito ancora in giù. Ed io, il manico, glielo tenni lì, a
farglielo scoprire, a farglielo capire, a farglielo studiare. E lei
studiò. E finita una musica, subito un'altra. Ma fra noi non cambiò
nulla. Il mio cazzo sempre sulla sua pancia, le mie mani sempre ad
impararla. Eppure qualcosa ballavamo. Poi la banda finì e ci
staccammo. E alzando finalmente a me gli occhi, commentò.
_Vedi, abbiamo provato ed
abbiamo fatto.
-Ho visto, ho visto. Ci
ritroviamo dopo?
_Si, dopo. Io ho bisogno di
lavarmi le mani. Tu no?
-Si, anch'io.
_Magari andiamo assieme.
-A lavarci le mani?
_Hai bisogno anche di altro?
-Cosa intendi?
E avvicinandosi
all'orecchio, dopo aver scrutato l'andirivieni attorno a se...
_Che cosa hai intenzione di
fare con quello?
-Quello, proprio quello? Tu
cosa pensi che dovrei fare?
_Intanto passo a vedere come
sta la sposa, sai, magari si è già pentita. Poi vado a lavarmi le
mani.
-Bene.
Mi precipitai giù per le
scale che portavano alla toilette, rischiando di farle ruzzolando, ma
sarebbe stato un peccato ruzzolare in quel momento. Entrai in quella
degli uomini. Uno degli invitati era appena uscito dai servizi. Lo
salutai serissimo. Feci finta di entrare nel vano Water, ma appena se
ne andò uscii ed aprii la porta che dava sul corridoio. La vidi
scendere e le feci cenno con la mano. Due bambini scesero di corsa
alle sue spalle. Giocavano. Percorsero il corridoio straniando come
belve, avanti ed indietro, poi risparirono.
-Vieni di qua, dai!
_Nel bagno degli uomini?
-Non c'è nessuno!
_E se arriva, qualcuno?!
-C'è lo sgabuzzino delle scope!
_Lo sgabuzzino delle scope. Perfetto!
-Vieni, entra qui, anche se
arriva qualcuno chi se ne frega, qui non vengono a pisciare!
_Qui non ci si lava neppure le mani!
-Te le lavi dopo. Dai che chiudo a chiave.
_Speriamo che nessuno abbia bisogno delle scope.
-Stai tranquilla, gli unici che hanno bisogno di scopare, qui, siamo noi.
_Dai allora, tiralo fuori!
-E tu tirati via tutto. Guardalo qua, hai visto?
_Eh. L'ho visto. Che cavolo di curva fa!
-Non hai mai visto un cazzo con la curva?
_Così no.
-Dai che dopo si raddrizza.
_Mi metto su quel tavolo. Aspetta che tolgo sta roba.
-Fai, fai. Guarda qua
che fregnetta. Ti somiglia. Appoggiati bene sull'orlo che ti scopo in
piedi. Dai....
_Su cosa....aaah....mi...somiglia...
-Vedi...è stretta, come te...oooh...
_ La curva, mi raschia...la fica...me la raschia... aaah...
-Non ti piace...uhh...a me piace...
_Va bene, bene, così, così...che curva!
-Sss, Sss, piano...parla piano...
_Ahhh, mi sbattono le palle...
-Hai le palle?
_Le tue, mi sbattono...
-Ohh...si...le mie, mi pareva... ti fanno male?
_Si! Malissimo...ahhhh...
-Ti fanno male....si...male...
_Il tavolo! Il tavolo,
fa rumore...mi fotti con troppo ardore... ahhh... rallenta... no, no,
aumenta, aumenta...
-Aumento, aumento, oooh...
_Lo sento! Amore, lo
sento...
-Chi?
_Il cazzo! Lo sento...
-Se lo hai sentito... solo adesso...ohhh...si...devi essere... essere un po'....sorda...
_Spiritoso... dai, co sto martello...
-Ci do, si...che ci do....
_Mmm...chiavamela...chiavamela...dentro...più dentro...così...
-Lo senti...eh....lo senti ancora...Ascolta... come urla...
_Si...urla...me la vibra
tutta...me la sta...distruggendo...Ohhh... Fermo... fermati...
Prendimi da dietro, dai, da dietro, ora, da dietro...
-Dai, girati! Appoggia le mani là...si...proprio così...allarga...
_Uuuh...Che bello...spingi...spingi...
-Che topa....che topa....
_Me la fai scoppiare... c'ho dentro una bomba...che bello...
-Bello?.... Chi? ....Chi cazzo...stai.... guardando...uuuuh...
_Il tuo ...che mi spunta...fuori...dalla bocca...
-Che culo di velluto che hai... piccola....
_Palpamelo...stringimelo...
spingimi la verga...si...vengo...ci sono...vengo
tutta...tutta...ahhhh...
-Piccola...dai...dammela sta bocca, dammela...dai...
_Eccola...eccola...riempimi...riem....
-Prendilo...prendilo...tutto...ecco...ohhhh...
................................................................................................................
_Non c'era mica sul menù questo...
-No?
_Però, niente male il dolce dopo il primo...
-Guarda che ormai saranno già in tavola anche i secondi.
_Sono proprio curiosa di scoprire il contrasto di sapori.
-Dai, saliamo prima che vengano a cercarci. Rivestiamoci, dai.
_Hai sentito nessuno entrare in bagno?
-No, proprio no.
_Se qualcuno è entrato è più probabile che abbia sentito lui noi!
-Per forza, non hai fatto altro che chiacchierare e fare uh ah eh oh gnarf sgnurf sgnirf!
_Anche tu hai fatto uh ah eh ih!
-Io no! Dai gnocchetta,
risaliamo su. Uno alla volta. E fai l'indifferente. Come se non fosse successo niente.
_Si. Come se non fosse successo niente, niente, niente, niente, niente...
matrimoni. Quei matrimoni tipici, che oramai in quel modo non si
scrivono più. Quei matrimoni con centocinquanta invitati, pieni di
gente che non avevi mai visto, e dove magari scoprivi di avere dei
parenti a te totalmente estranei. Ognuno stava col suo nucleo
famigliare, o col suo gruppetto di amici e quasi amici, a guardarsi
intorno curioso nello scoprire visi nuovi, vecchi, giovani, stanchi,
e a chiedersi a chi avessero mai potuto appartenere. Poi, durante lo
svolgersi della festa, parlavi con quello, ballavi con quella, e a
quella magari ci scappava che gli sbattevi il cazzo duro in pancia,
un po' per caso e molto per davvero. Magari era la comare della
sposa, o per meglio capirci, la testimone. Quel sabato di 15 anni fa
fu così che cominciò l'eccitante e sborrosa avventura. Si sposava
mio cugino, ed ero al ricevimento con tutta la mia famiglia, padre,
madre, fratelli, nipotini, e poi gli zii, le zie, gli altri cugini,
le altre cugine, i loro mariti, le loro mogli, e non so chi cavolo ci
fosse ancora. E poi un'orda impazzita di urla e schiamazzi, persino
dentro alla chiesa. A me i matrimoni piacevano appena appena un po'
di più dei funerali, figuriamoci. Ma fu appunto in chiesa che la
vidi, vicina alla sposina, nelle veci di testimone, un fiore dal
vestitino rosa, bellissimo, fresco, biondo, dalla vitina perfetta,
dalle gambette bianche, affusolate, dalla movenze gentili. La vidi di
schiena, fu già abbastanza per sognarla pronta. Ma poi si girò,
leggermente, fu un fendente, un coltello affilatissimo che mi entrò
nello stomaco, ma senza farmi alcun male. Sentii solo un lievissimo
impedimento che dallo sterno scese giù, giù fino allo sbocco del
desiderio. Si girò leggermente, ammiccando a qualcuno, e ad
irradiare me col suo visino perfetto e col suo sorrisino preciso.
Quel matrimonio cominciò ad avere un perché. Dentro di me
ringraziai mio cugino per essersi deciso al passo, ma lo feci
talmente con il cuore, che nello stesso tempo, lui da sotto l'altare
a pochi secondi dal sì, si girò proprio a cercarmi. Lo guardai
stupefatto e tirai i nervi del viso come a dire, porca vacca, mi ha
scoperto.
Il prete disse e ora andate
e divertitevi, e nell'uscire dalla Casa del Signore, nel gran caos
dei saluti e dei chiacchiericci e dei bacetti e degli auguri, io non
la persi praticamente mai di vista. Riuscivo a scovarla tra scorfane
e vecchiette, tra ragazzini indemoniati nello spostarsi come fulmini
e ragazzette intente a specchiarsi nei loro tiratissimi vestitini.
Una fila di macchine lucide e strombettanti ci portò al ristorante,
il ristorante per eccellenza, un'alcova delle feste nascosta in mezzo
al bosco delle Prealpi venete. Il sole di giugno batteva come fosse
da poco scappato di prigione, la cravatta cominciava a trasformarsi
in guinzaglio, il sudore interagiva con il dopo barba non ancora del
tutto assorbito.
E poi tutti seduti, a
mangiare, io a cinque metri da lei, ad osservarla, cercando
compromessi di libidine. Ma lei niente, strafottente a cullarsi la
posizione, a baciarsi il collega fidanzato quando la folla battendo
di forchetta sui piatti chiamava al loro turno. Ero invisibile, non
ero abituato, volevo vincere. La banda cominciò con quella nenia del
cavolo, per me insopportabile, con le polke e i valzer, e tutte
quelle robe per noiosi che non ho mai sopportato. E mai ballato. Ma
quando la notai farsi luce verso quella pista per dondolarsi in
quelle danze, non riuscii a trattenermi, e la seguii, tra la calca,
con circospezione. Sembravano tutti impazziti. La vidi ballare con
uno, poi con un altro, ancora più vecchio. Finito il ballo il
vecchio se ne andò. Tu vuoi capire che rimase sola? Mi fiondai.
-Cavolo! Ho visto che balli
bene! Dove hai imparato?
_Ho sempre ballato con mio
papà, fin da piccola. Tu balli?
-Si, certo, un po'. Mi è
sempre piaciuto tantissimo il ballo liscio, forse un po' più la
musica che il ballare in se stesso
_Anche a me, tantissimo,
questi balli sono l'essenza del ritmo. Proviamo?
-Proviamo, proviamo.
Non sapevo una fischia di
come muovere i piedi, al contrario le mani andavano da Dio. Non
sentivo musiche, ma solo il suo respiro densamente lieve, non vedevo
niente, che non fosse lei ed il suo corpo. Lo sentivo tra le dita,
dal fondo schiena di cristallo fino alla vita di porcellana, e su,
fino alle spalle di cartone. Era solo l'impressione, ma pareva una
bambola veramente, delicata, da collezione. Una bambola viva, che
pulsava, su cui sfioravo il mio torso, a cui facevo sentire il mio
petto sul suo, protetto da tutti quei ballerini matti che si
frastornavano attorno a noi. Lei non era per nulla imbarazzata, solo
che teneva lo sguardo basso, la testa dolcemente curva in avanti,
come a voler confondersi. Di colpo, il mio bacino batté in avanti.
Il cazzo si stampò sul suo basso ventre. Alzò di poco lo sguardo,
ma non ad incrociare il mio, lo alzò appena, a guardarmi il petto,
poi subito ancora in giù. Ed io, il manico, glielo tenni lì, a
farglielo scoprire, a farglielo capire, a farglielo studiare. E lei
studiò. E finita una musica, subito un'altra. Ma fra noi non cambiò
nulla. Il mio cazzo sempre sulla sua pancia, le mie mani sempre ad
impararla. Eppure qualcosa ballavamo. Poi la banda finì e ci
staccammo. E alzando finalmente a me gli occhi, commentò.
_Vedi, abbiamo provato ed
abbiamo fatto.
-Ho visto, ho visto. Ci
ritroviamo dopo?
_Si, dopo. Io ho bisogno di
lavarmi le mani. Tu no?
-Si, anch'io.
_Magari andiamo assieme.
-A lavarci le mani?
_Hai bisogno anche di altro?
-Cosa intendi?
E avvicinandosi
all'orecchio, dopo aver scrutato l'andirivieni attorno a se...
_Che cosa hai intenzione di
fare con quello?
-Quello, proprio quello? Tu
cosa pensi che dovrei fare?
_Intanto passo a vedere come
sta la sposa, sai, magari si è già pentita. Poi vado a lavarmi le
mani.
-Bene.
Mi precipitai giù per le
scale che portavano alla toilette, rischiando di farle ruzzolando, ma
sarebbe stato un peccato ruzzolare in quel momento. Entrai in quella
degli uomini. Uno degli invitati era appena uscito dai servizi. Lo
salutai serissimo. Feci finta di entrare nel vano Water, ma appena se
ne andò uscii ed aprii la porta che dava sul corridoio. La vidi
scendere e le feci cenno con la mano. Due bambini scesero di corsa
alle sue spalle. Giocavano. Percorsero il corridoio straniando come
belve, avanti ed indietro, poi risparirono.
-Vieni di qua, dai!
_Nel bagno degli uomini?
-Non c'è nessuno!
_E se arriva, qualcuno?!
-C'è lo sgabuzzino delle scope!
_Lo sgabuzzino delle scope. Perfetto!
-Vieni, entra qui, anche se
arriva qualcuno chi se ne frega, qui non vengono a pisciare!
_Qui non ci si lava neppure le mani!
-Te le lavi dopo. Dai che chiudo a chiave.
_Speriamo che nessuno abbia bisogno delle scope.
-Stai tranquilla, gli unici che hanno bisogno di scopare, qui, siamo noi.
_Dai allora, tiralo fuori!
-E tu tirati via tutto. Guardalo qua, hai visto?
_Eh. L'ho visto. Che cavolo di curva fa!
-Non hai mai visto un cazzo con la curva?
_Così no.
-Dai che dopo si raddrizza.
_Mi metto su quel tavolo. Aspetta che tolgo sta roba.
-Fai, fai. Guarda qua
che fregnetta. Ti somiglia. Appoggiati bene sull'orlo che ti scopo in
piedi. Dai....
_Su cosa....aaah....mi...somiglia...
-Vedi...è stretta, come te...oooh...
_ La curva, mi raschia...la fica...me la raschia... aaah...
-Non ti piace...uhh...a me piace...
_Va bene, bene, così, così...che curva!
-Sss, Sss, piano...parla piano...
_Ahhh, mi sbattono le palle...
-Hai le palle?
_Le tue, mi sbattono...
-Ohh...si...le mie, mi pareva... ti fanno male?
_Si! Malissimo...ahhhh...
-Ti fanno male....si...male...
_Il tavolo! Il tavolo,
fa rumore...mi fotti con troppo ardore... ahhh... rallenta... no, no,
aumenta, aumenta...
-Aumento, aumento, oooh...
_Lo sento! Amore, lo
sento...
-Chi?
_Il cazzo! Lo sento...
-Se lo hai sentito... solo adesso...ohhh...si...devi essere... essere un po'....sorda...
_Spiritoso... dai, co sto martello...
-Ci do, si...che ci do....
_Mmm...chiavamela...chiavamela...dentro...più dentro...così...
-Lo senti...eh....lo senti ancora...Ascolta... come urla...
_Si...urla...me la vibra
tutta...me la sta...distruggendo...Ohhh... Fermo... fermati...
Prendimi da dietro, dai, da dietro, ora, da dietro...
-Dai, girati! Appoggia le mani là...si...proprio così...allarga...
_Uuuh...Che bello...spingi...spingi...
-Che topa....che topa....
_Me la fai scoppiare... c'ho dentro una bomba...che bello...
-Bello?.... Chi? ....Chi cazzo...stai.... guardando...uuuuh...
_Il tuo ...che mi spunta...fuori...dalla bocca...
-Che culo di velluto che hai... piccola....
_Palpamelo...stringimelo...
spingimi la verga...si...vengo...ci sono...vengo
tutta...tutta...ahhhh...
-Piccola...dai...dammela sta bocca, dammela...dai...
_Eccola...eccola...riempimi...riem....
-Prendilo...prendilo...tutto...ecco...ohhhh...
................................................................................................................
_Non c'era mica sul menù questo...
-No?
_Però, niente male il dolce dopo il primo...
-Guarda che ormai saranno già in tavola anche i secondi.
_Sono proprio curiosa di scoprire il contrasto di sapori.
-Dai, saliamo prima che vengano a cercarci. Rivestiamoci, dai.
_Hai sentito nessuno entrare in bagno?
-No, proprio no.
_Se qualcuno è entrato è più probabile che abbia sentito lui noi!
-Per forza, non hai fatto altro che chiacchierare e fare uh ah eh oh gnarf sgnurf sgnirf!
_Anche tu hai fatto uh ah eh ih!
-Io no! Dai gnocchetta,
risaliamo su. Uno alla volta. E fai l'indifferente. Come se non fosse successo niente.
_Si. Come se non fosse successo niente, niente, niente, niente, niente...
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