1. Le mutandine

    AvatarBy Ares il 8 June 2014
     
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    Io non sono mai stata una donna dinamica, capace come le mie compagne del liceo di farsi notare, di pavoneggiarsi, anzi, pur essendo molto dotata fisicamente, e percependo gli sguardi degli uomini addosso, non prendevo certo l'iniziativa nel portarmi a letto qualcuno. E quando qualcuno lo faceva, mi defilavo. Questo modo di fare, dettato dalla mia timidezza, creava nei maschi che mi conoscevano, a volte imbarazzo, in altre circostanze venivo dipinta come quella che non la dava.
    Io in ogni caso avevo avuto le mie esperienze sessuali, avevo masturbato mio cugino, avevo fatto un pompino ad un mio compagno di classe durante l'ora di religione, perchè io e lui andavamo in un altra aula durante quell'ora.
    La prima scopata vera la ebbi a 17 anni circa, ma non posso raccontare i dettagli, la mia mente ha rimosso quel giorno, ricordo solo che provai fastidio, fu brutto. Da non ripetere. Infatti quella non la considero la mia prima volta, la prima volta fu un altra.
    Ero a Milano, ormai da qualche mese, avevo lasciato la Sardegna, per cercare in mezzo alla nebbia della pianura Padana un raggio di luce nel mondo del lavoro, che nella mia terra inondata dal sole, purtroppo mancava. Mio zio si era dimostrato molto caro con me, avrei lavorato, nel suo ristorante sardo "il nuraghe", solo la sera, avrei fatto la cameriera, perchè la mattina avrei dovuto frequentare l'università, e il pomeriggio preparare gli esami. "Certo non devi rimanere ignorante come tuo zio" mi riecheggiano ancora quelle parole di mio zio, dette con marcato accento cagliaritano. Mi avevano preparato anche la stanza, con bagno autonomo, nella mansarda che quasi mai utilizzavano. Era davvero una bella sistemazione. Io al sesso non ci pensavo quasi mai. Studiavo, lavoravo, dormivo poco. Ma da quel giorno cambiò tutto. Cambiai io.
    Io sono una ragazza tipica sarda, e non sono loquace. Si stavano avvicinando le vacanze di Natale, e avrei rivisto la mia terra, i miei amici, i miei genitori e mio fratellino. Dicembre a Milano fa freddo, molto di più che da noi, quella sera lavorai tanto, e molti ospiti del ristorante mi fecero i complimenti, per come riuscivo a soddisfare premurosamente le loro richieste. Era l'una di notte, ricordo ancora, mio zio mi disse che sarebbe dovuto andare a depositare l'incasso della serata nella cassa continua, e che avrei dovuto fare io la chiusura serale, a quell'ora il ristorante era quasi vuoto, restavano solo Fabio e Marcella, stavano come ogni mercoledì terminando di litigare, ma poi so già che avrebbero fatto l'amore, e poi Max.
    Max era un ospite fisso, veniva ogni giorno dal lunedi al venerdi sera. Era di casa. Lo conoscevo molto bene, era gentile, cordiale mai maleducato. Non pretendeva mai. Non mi accorsi di essere rimasta solo con lui a parlare e a bere diversi bicchieri di filu e ferru che nel nostro ristorante non manca mai.
    Gli domandai la cortesia, vista l'ora di abbassare la serranda e di chiudere la porta dall'interno.
    Io ogni notte faccio la doccia per togliermi di dosso tutti gli odori, di mirto, formaggio, maialetto e quant'altro si cucina da noi. Cosi entrai nel bagno. Tolsi di dosso la divisa, e mi spogliai, feci una doccia calda e ristoratrice.
    Mi rivesti con un paio di jeans un maglione, poi avrei messo il giubbotto e la sciarpa. Raccolsi i miei indumenti usati.
    Tornai nella sala, e Max, pazientemente stava ultimando il suo filu e ferru.
    Mi chiese se poteva andare in bagno, e lo vidi che si dirigeva verso quello aperto al pubblico, io gli risposi che sarebbe stato meglio utilizzare quello del personale, considerato che sarebbe stato certo più pulito.
    Entrò in bagno, si slaccio i pantaloni e cominciò a pisciare. Si guardò attorno, per scrutare un ambiente a lui sconosciuto, e vide qualcosa che suscitò in lui curiosità.
    Avevo dimenticato le mie mutandine nel bidet.
    Lui le prese e usci dal bagno. Lo vidi. Aveva qualcosa stretto tra le mani, che si porto presto sul viso, iniziò ad annusare. Capi' che erano le mie mutandine. Chiudeva gli occhi e respirava quell'odore aspro che la mia fica aveva rilasciato in quel pezzo di stoffa. Vidi un bozzo nei suoi pantaloni, che prima non c'era. Le mie mutandine appena indossate erano fradice. Si avvicinò a me, senza dirmi nulla, e mise le mie mutandine usate sul mio naso, respirai anche io. Poi ci baciammo, mi bacio ogni angolo della mia bocca, tolse via quel maglione troppo ingombrante, e rimasi a seno nudo. Lo bacio, lo morsicò sino a farmi male. Mi sbottono i jeans, li tolse, avevo un perizoma nero, mi copri i seni per un certo finto pudore. Lui mi sollevo, mi poggio sul tavolo non apparecchiato, mi sposto il perizoma, e infilò un dito nella mia fica, infilava l'indice e poi si succhiava il dito, ripetè questo gesto per dieci volte forse venti. Ero in estasi. Non capi quando senti la sua barba tra le cosce, e la sua lingua che esplorava la mia passera, venni almeno tre volte. Mi tolse il perizoma, mi chiese di girarmi, ed entro dentro di me, sino ad esplodere sopra la mia natica bianca.
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